lunedì 14 gennaio 2013

Singapore mon amour? No, io scelgo Batam!


Singapore
Ancora una volta le sei del mattino, valigie pronte dalla sera prima e occhi aperti prima che la sveglia suoni. Ancora una volta la mia partenza miscela l'amaro di ciò che lascio col dolce di ciò che troverò. Ma il viaggio è così, il viaggiatore lo sa, altrimenti farebbe altro, magari dietro una scrivania.
Questa volta mi aspetta l'oriente, quello vero, Singapore e l'isola di Batam, due sponde di un'Asia diversa, l'una troppo occidentale per essere vera, l'altra troppo a Sud per essere "cool" come la prima.
Il viaggio è stato lungo, via da Catania alle 9:30 e arrivo a Singapore l'indomani mattina, ma con Emirates si viaggia comodi, coccolati, non si avverte pienamente la stanchezza. La prima sensazione che ho provato una volta arrivato all'aeroporto di Singapore è stata positiva, tanta gente ma tutto ordinato, pulito. E' stato l'istinto a portarmi immediatamente fuori per fumare una sigaretta dopo le ultime sette ore e mezza di volo e l'impatto con il caldo umido del clima equatoriale mi ha dato una piccola sberla, ma il profumo della sigaretta e il fumo che avidamente ho lasciato scendere nei miei polmoni ha sanato ogni preoccupazione climatica. Dennis mi ha preso in consegna, con il suo taxi privato, iniziandomi ai segreti di Singapore lungo il tragitto verso il porto. Un ragazzo sveglio, che parlava un buon inglese, mi ha descritto ogni singolo mattone che ci è passato ai lati, dettando i tempi per le mie fotografie, ammonendomi quando non sono stato abbastanza pronto da cogliere l'attimo da lui indicato. In effetti è una città troppo moderna, anche se si riesce ad intravedere qualche briciola di cultura di base fra i visi degli altri automobilisti, ma i più sono cinesi occidentalizzati, che guidano macchine da 50,000 $ e non sembrano affatto turbati dal fatto che li dove ora le ruote rotolano prima c'era il mare, "bonificato" per fare spazio a strade e grattacieli, alla ruota panoramica più grande del mondo e al Marina Bay, un mostruoso hotel di lusso a tre palazzi sui cui tetti i progettisti hanno pensato di posare una terrazza a forma di nave che li unisce e li fa diventare icona.
Proseguendo il tragitto abbiamo superato anche i grattacieli del "core business" di Singapore, il centro della gestione economica, dove interessi di tutti i ricchi del mondo confluiscono per creare altri interessi.
Ma alla fine siamo arrivati al terminal del porto, dove Dennis mi ha lasciato nelle mani poco premurose a dire il vero di una delle tante agenzie di trasporto in mare, che gestiscono le barche che portano gente e cose sulle navi ormeggiate al largo. Il tempo di altre cinque o sei sigarette per osservare i gesti, il modo di comunicare, i vestiti che portavano le persone che lavorano in questa sorta di stazione marittima: li nulla era come immaginavo fosse fra i palazzi di un'ora prima, li c'era fatica, sudore, lavoro frenetico. Alla fine la mia barca è arrivata e con un bigliettino in mano mi hanno indicato la strada verso il mio gate, dove una grassa signora assolutamente disinteressata a tutto ciò che ruotava intorno a lei tranne che alla piccola televisione portatile accesa nel suo gabiotto, mi ha guardato il passaporto, senza accorgersi della smorfia irriverente che le facevo aldilà del finestrino! Avrei potuto essere chiunque, non le importava assolutamente.
La barchetta mi ha condotto allo scalandrone della Cable Ship Fu Hai, posa cavi cinese sulla quale avrei dovuto svolgere il mio lavoro nei successivi due mesi. Arrivare a bordo è ogni volta una liberazione, sai che ti laverai, che mangerai, che potrai normalizzare le cose dopo 24 ore di viaggio, e anche in questo caso è stato così, un ufficiale mi ha fatto vedere il mio alloggio e scaricato tutto ho buttato la mia pelle sotto l'acqua della doccia, come fosse la prima dopo giorni di deserto!

Batam
Se la voglia di Asia era stata disattesa con il passaggio a Singapore, l'isola di Batam, Indonesia, dall'altro lato dello stretto di Sinapore, ha invece sanato le lacune, regalandomi quello che cercavo.
Il primo approccio è stato caratterizzato da una sorprendente quanto evitabile esperienza: la barca che ci venne a prendere per portarci a terra era il solito taxi marino leggero ma con motori da paura, risultato che si volava per ogni piccola increspatura del mare; dopo che ci hanno scaricati a terra attraverso un ponticciolo instabile e fatiscente (che più avanti avrei rimpianto per giorni!), ci vennero a riprendere dopo trenta minuti di inutile attesa perchè avevano sbagliato posto! Risalimmo tutti sul barchino e ci avvicinammo all'altro lato della baia, ma il sospetto si fece forte e non aveva un buon odore, infatti non riuscivo a vedere nessun attracco, nessun punto in cui la barca si sarebbe ormeggiata per farci scendere: era proprio così! Con il mare abbastanza agitato ci siamo affiancati a tre pescherecci ormeggiati l'uno di fianco a l'altro e, scavalcandoli ad uno ad uno, fra gli sbuffi dell'acqua, siamo arrivati a toccare terra. Benvenuto a Batam, sembravano dirmi le pietre, la terra rossastra e gli alberi di banano!
Qui ho capito che avevo trovato ciò che cercavo, il contatto diretto con la vita reale, senza grattacieli, senza ruote panoramiche, ma mille motorini sfreccianti in autostrada, sorpassi folli, capanne ai bordi della strada con insegne colorate e volti bruni, un campetto di calcio improvvisato dove bambini e ragazzi giocavano insieme, lontani mille miglia dalla bambagia dei nostri campi di quartiere che "sputtaniamo" ad ogni post su Facebook! Ho trovato magico scorgere le luci della città che si avvicinava, mentre l'atmosfera serale cominciava ad avvolgerci, lasciando che il sole scivolasse lento oltre le colline verdeggianti.
Persone, cose, auto, moto, camion, hotel e baracche, ristorante e bancarelle del cibo si alternavano senza soluzione di continuità lungo la strada a due corsie che ci ha condotto fino in centro, mille volti, tanti, tantissimi colori diversi che ancora una volta mi hanno emozionato, riempito la mente per giorni, insieme ai profumi e ai sapori che ho trovato nei ristoranti di Harbour Bay, fra i calamari essiccati e le aragoste vive, fra le cernie e i granchi reali da scegliere e farsi cucinare, seduti a pochi passi da una baia stupenda, puzzolente di alghe morte ma bellissima, magica, come la terra indonesiana.